Cera

All’interno dei singoli componenti dello stampo negativo l’artigiano stende uno strato di cera, dopo di che la forma viene richiusa e riempita all’interno di refrattario (detto in gergo “anima”); a questo punto si smonta lo stampo - prima il gesso e poi la gomma - e ci troviamo di fronte alla riproduzione in cera. Dopo la supervisione dell’artigiano che rimuove le eventuali imperfezioni, l’artista può fare ulteriori ritocchi.
Non sempre la scultura in cera è visibile tutta intera, ciò dipende sia dalle dimensioni (p. es. “Hope for the future” di Umlauf) sia dalla complessità (p. es. la “Medusa” di Romano). 
Talvolta, dopo il modello originale, l’opera nella sua interezza sarà rivista solo in bronzo.
L’artigiano dispone sul modello in cera i canali di colata (tubicini di canne e/o cera); la collocazione delle colate è una operazione molto delicata e fondamentale per poter ottenere una fusione perfetta, cioè per fare sì che il metallo possa raggiungere ogni più piccolo interstizio.
Una volta applicati i canali di colata il tutto viene ricoperto con il refrattario finché la scultura assume la forma di un bozzolo e il refrattario prende perfettamente l’impronta della cera diventando la matrice della scultura.  
Il “bozzolo” di refrattario viene messo nella fornace a cuocere per svariati giorni ed è in questa fase che la cera va in fumo (si perde, da qui la definizione “fusione a cera persa”). Anche le colate bruciano lasciando al loro posto i canali da cui passerà il metallo per raggiungere gli spazi vuoti lasciati dalla cera.
Questo è l’autentico sistema di fusione a cera persa, che si distingue da altri sistemi e tecnologie quali la fusione a staffa e quella a shell casting. Quest’ultima, inventata negli Stati Uniti per l’industria bellica, è stata poi riadattata anche per le fusioni artistiche.
Fino a venticinque anni fa le fornaci erano fatte di mattoni di terracotta e venivano murate e smurate ogni volta a seconda della grandezza delle sculture, ossia venivano ogni volta costruite per racchiudere i “bozzoli” di refrattario. Era come fare e disfare ogni volta una piccola casa. Quando si doveva eseguire questa fase della lavorazione occorreva organizzare turni di lavoro per un ciclo produttivo di dodici-quattordici ore che aveva inizio all’alba e terminava a tarda sera. 
Occorreva smurare la fornace dove si era appena conclusa (dopo giorni e giorni) la cottura delle forme di refrattario, prelevarle dal piano e sostituirle con quelle da cuocere, poi costruire intorno alle nuove forme la nuova fornace. 
Nel 1983 Massimo Del Chiaro ha progettato una fornace sul modello di quelle per la ceramica, ma di dimensioni triple, che ha consentito di eliminare completamente le operazioni di costruzione e distruzione delle pareti e del “tetto”. Attualmente l’intera fase viene svolta in sole otto ore.
La fase della sostituzione delle forme è particolarmente delicata poichè il refratario cotto è molto fragile.

Seated man on a stool, 2016